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Un team di rapinatori s'intrufola in una banca in tuta da imbianchino, fazzoletto davanti a naso e bocca e occhiali da sole. Subito, costringono gli ostaggi a vestirsi come loro e vi si confondono. Da fuori, un detective piuttosto acuto conduce una trattativa che sembra però non portare da nessuna parte... Nel film di Spike Lee non tutto è ciò che sembra. Buoni, cattivi, finiscono con l'assomigliarsi. Il "fottuto terreno di gioco" è il genere "rapina in banca", da "Quel pomeriggio..." in poi, ma il regista-jazzista procede per contaminazioni. E allora: Hitchcock, Michael Mann, Le Strade di San Francisco; in altre parole: suspance, azione, ironia. Miscela esplosiva che riserva colpi di scena apprezzabili e un'ottima prova degli attori impegnati: Denzel Washington (la legge), Clive Owen (il crimine), Jodie Foster (la negoziatrice), Christopher Plummer (il proprietario della banca coi suoi scheletri nell'armadio, pardon: nel caveau), tutti magistralmente diretti. Sceneggiatura a orologeria, costruita a scatole cinesi e inframezzata da scampoli di futuro a rapina conclusa. La regia si attesta ai massimi livelli, agile nei carrelli e raffinata nei dolly. Allo stesso modo le location appaiono convincenti. Narrazione veloce e dialoghi frizzanti (campionario di battute da ricordare), colonna sonora che trova il suo leitmotiv in un incisivo tema di cinque note scolpite nella roccia. Strizzate d'occhio allo spettatore e alle nevrosi post 11 settembre, contrapposizioni tra oriente e occidente e le operazioni "chirurgiche" dell'intelligence. Sfugge ai cliché e anticipa alle prime battute quello che sceneggiatori poveri d'estro avrebbero risevato in coda, rivelando da subito l'ambiguità del personaggio interpretato da C. Plummer, che tutti abbiamo visto almeno dieci volte interpretare la parte del losco. Potrei perciò convenire con Bertold Brecht: che i veri ladri non sono quelli che rapinano la banca, ma quelli che l'hanno fondata. [FB]

 

[ID] di S. LEE, con D. WASHINGTON E C. OWEN, AZIONE, USA, 2006, 129', 2.35:1, VOTO: 9